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L'Olfatto negli Uccelli
di Domenico Frascerra
Fonti:
Commissione Europea – Cordis Europa ricerca- EBN Italia

Istintivamente siamo portati a pensare che i sensi dei volatili sono proporzionali alla funzione che hanno per l’animale: la vista quindi è quello più sviluppato, sul quale gli uccelli contano maggiormente; segue l’udito, molto sviluppato soprattutto nei rapaci notturni. Il tatto ci sembra essere meno sviluppato, tranne che nei pappagalli che usano la loro lingua carnosa per “toccare” ogni cosa; il gusto è minimamente sviluppato e ancora meno il senso dell’olfatto.
Quante volte, però siamo andati presso un negozio specializzato per acquistare pastoncini per i nostri amati volatili e siamo stati colpiti dal fatto che alcuni di essi erano dotati di un odore più forte rispetto ad altri.
Mi sono chiesto più volte a cosa potesse servire questo forte odore e se effettivamente fosse percepito o meno dalle nostre creature.
Mi sono così imbattuto in tre studi pubblicati:
· uno condotto delle università di Pisa, Oxford e Barcellona nel 2017,
· un altro condotto da BIRDSCENTS (Role and function of olfaction in seabirds), finanziato dall’UE,
· un altro, ancora, condotto da un gruppo di scienziati tedeschi, del Max Planck Institute (pubblic. in Proc.Royal Soc Biological Sciences, 2008)
– Nel primo studio si è cercato di dimostrare che l’olfatto negli uccelli è essenziale per gli spostamenti e le migrazioni degli uccelli. Chi ha condotto lo studio si è chiesto naturalmente come fanno gli uccelli a percorrere distanze lunghissime, spostandosi da un emisfero all’atro del nostro pianeta o compiendo spostamenti di centinaia di km per foraggiarsi e accoppiarsi?
Questa domanda è stata oggetto di dibattiti e controversie tra gli scienziati e il campo magnetico della Terra e il senso dell’odorato degli uccelli sono sempre stati tra i fattori maggiormente presi in considerazione per spiegare le eccezionali capacità di orientamento e volo degli uccelli.
Con questo studio pubblicato su Scientific Reports, i ricercatori delle università di Oxford, Barcellona e Pisa hanno mostrato che «L’olfatto – o il senso dell’olfatto – è quasi certamente un fattore chiave nella navigazione oceanica a lunga distanza, eliminando i dubbi precedenti su questa ipotesi».
Il leader del team di ricerca, Oliver Padget, un dottorando nel Dipartimento di Zoologia dell’Università di Oxford, ha spiegato: «Il sorvolo dell’oceano è probabilmente la sfida estrema per gli uccelli, date le lunghe distanze coperte, l’ambiente mutevole e la mancanza di punti di riferimento stabili. Gli esperimenti precedenti si sono concentrati sullo spostamento fisico degli uccelli, insieme ad una qualche forma di manipolazione sensoriale, come la deprivazione magnetica o olfattiva. L’evidenza da questi esperimenti ha suggerito che la rimozione dell’odorato dell’uccello compromette l’homing, mentre la distruzione del senso magnetico ha dato risultati inconcludenti. Tuttavia, i critici hanno messo in dubbio il fatto che gli uccelli si sarebbero comportati allo stesso modo se non fossero stati spostati artificialmente, oltre a sostenere che, invece di influenzare la capacità di navigazione di un uccello, la deprivazione sensoriale può infatti compromettere una funzione correlata, come la sua motivazione a tornare a casa o la sua capacità di foraggiarsi. Il nostro nuovo studio elimina queste obiezioni, il che significa che in futuro sarà molto difficile sostenere che l’olfatto non è coinvolto nella navigazione oceanica a lunga distanza negli uccelli».
Con il nuovo esperimento, i ricercatori italiani, britannici e catalani hanno seguito attentamente gli spostamenti e il comportamento di 32 berte maggiori (Calonectris diomedea) nel loro areale al largo delle coste di Menorca, alle Baleari. Gli scienziati hanno spiegato che «Gli uccelli sono stati suddivisi in tre gruppi: uno reso temporaneamente anosmico (incapace di sentire gli odori) con un’irrigazione nasale con solfato di zinco; Un altro dotato di piccoli magneti; e un gruppo di controllo. I logger GPS miniaturizzati sono stati attaccati agli uccelli mentre nidificavano e covavano le uova in fessure e grotte sulla costa rocciosa di Menorca. Ma invece di essere spostati, poi sono stati tracciati quando facevano le loro escursioni naturali».
Tutte le berte maggiori sono andate normalmente alla ricerca di cibo, sono aumentate di peso dopo la deposizione delle uova e sono tornate al nido per dare il cambio ai loro partner durante la cova. Quindi, rimuovere il senso dell’odorato un uccello marino migratore non sembrerebbe compromettere né la sua motivazione a tornare a casa né la sua capacità di trovare cibo.
«Tuttavia – fanno notare i ricercatori – anche se gli uccelli anosmici hanno fatto viaggi con successo verso la costa catalana e in altri luoghi di alimentazione, hanno mostrato un comportamento di orientamento significativamente diverso dal gruppo di controllo durante la permanenza in mare e nei loro viaggi di ritorno. Invece di essere ben orientati verso la casa quando erano fuori vista della terra, si impegnavano in voli curiosamente dritti, ma scarsamente orientati attraverso l’oceano, come se seguissero una bussola che li portava fuori dai percorsi per alimentarsi, senza poter aggiornare la propria posizione. Il loro orientamento si è poi migliorato quando si avvicinavano a terra, suggerendo che gli uccelli devono consultare una mappa olfattiva quando sono fuori dalla vista della terra ma sono successivamente in grado di trovare casa usando le caratteristiche paesaggistiche del territorio».
Il principale autore dello studio, Tim Guilford, che insegna comportamento animale e dirige l’Oxford Navigation Group al dipartimento di zoologia dell’università britannica, conclude: «Secondo le nostre conoscenze, questo è il primo studio che segue i liberi spostamenti di uccelli manipolati sensorialmente. Gli esperimenti con spostamento – giustamente – sono stati al centro degli studi della navigazione degli uccelli e hanno prodotto grandi risultati su ciò che gli uccelli possono fare in mancanza di informazioni raccolte durante i loro viaggi. Ma per sua natura, l’esperimento con spostamento non ci può dire quel che gli uccelli avrebbero fatto se avessero avuto l’opzione di poter utilizzare le informazioni sul viaggio all’esterno, come hanno fatto nel nostro studio. Questo annuncia una nuova era di lavoro in cui un’analisi attenta dei movimenti liberi, con e senza interventi sperimentali, può fornire le inferenze sui meccanismi comportamentali sottostanti alla navigazione. La tecnologia dell’on-board tracking di precisione e nuovi metodi analitici, troppo computazionali per poter essere stati possibili in passato, hanno reso possibile tutto questo». Col secondo studio condotto da BIRDSCENT si è cercato di dimostrare che l’odore aiuta gli uccelli marini a trovare via di casa al buio. Nei petrelli la capacità di sentire gli odori (olfatto) gioca un ruolo fondamentale in quanto noti perché ritornano ogni anno allo stesso nido con lo stesso partner nella stessa colonia. I petrelli azzurri nidificano in cunicoli nel terreno, in cui dopo varie uscite per la ricerca di cibo vi ritornano la notte. Gli indizi olfattivi che portano gli uccelli verso l’ingresso del cunicolo possono avere diverse fonti, come i lipidi provenienti dalle penne dell’animale che vi abita e le secrezioni della ghiandola uropigea. Tuttavia, la composizione chimica dell’odore del nido e i componenti che facilitano l’individuazione, persino dopo un anno, non sono ancora del tutto compresi.
Pertanto, il progetto BIRDSCENTS (Role and function of olfaction in seabirds), finanziato dall’UE, ha studiato come i petrelli azzurri (Halobaena caerulea), che vivono nell’Oceano Meridionale e si riproducono su piccole isole attorno all’Artide, usano il loro senso dell’olfatto per identificare l’odore del nido e l’odore di altri singoli petrelli azzurri. L’obiettivo era quello di identificare e caratterizzare i composti organici volatili (COV) che provengono dai piumaggi e dai nidi degli uccelli. Campioni di materiale del nido e COV sono stati quindi raccolti dai nidi di riproduzione durante il lavoro sul campo nelle isole Kerguelen, nell’Oceano Indiano meridionale. Inizialmente, i campioni sono stati analizzati usando fibre per la microestrazione in fase solida e desorbimento termico diretto. Gli scienziati hanno inoltre studiato una nuova strategia per campionare i COV derivanti dai nidi direttamente sul posto mediante la raccolta dei COV su una sequenza di due tubi per il desorbimento termico, il primo riempito con Tennax-TA e il secondo con Sulficarb. Inoltre, sono stati studiati differenti metodi in laboratorio per estrarre i COV dalle piume per l’analisi su gascromatografia-spettrometria di massa. A prescindere dal metodo utilizzato, i risultati hanno indicato che i COV provenienti dai nidi possono cambiare ogni anno e anche differenziarsi con le specie e con l’occupazione del nido. Essi hanno anche mostrato una “etichetta” del nido che potrebbe essere connessa al comportamento di rientro nel proprio nido. I COV provenienti dalle piume hanno rivelato una etichetta individuale che potrebbe avere un ruolo nella comunicazione sociale e nella capacità di ritrovare il proprio nido per i petrelli azzurri. Le scoperte di BIRDSCENTS supporteranno il lavoro futuro sul sistema di comunicazione chimica e sull’ecologia chimica degli uccelli e dei vertebrati. Esse possono essere anche usate per aiutare a identificare il ruolo dell’olfatto negli uccelli e le sue implicazioni per la salvaguardia di fronte al cambiamento globale.
· Nel terzo studio si è cercato di dimostrare che l´olfatto negli uccelli non è più un senso abbandonato.
Studi di genomica comparativa, infatti, suggeriscono che l´acuità olfattiva di alcune specie di Mammiferi correla positivamente con il numero totale e con la percentuale di geni funzionali codificati nei loro genomi. In contrasto con i Mammiferi, l´olfatto degli Uccelli è poco conosciuto, in quanto si è sempre ritenuto che si affidino principalmente a stimoli visivi e uditivi.
Un gruppo di scienziati tedeschi, del Max Planck Institute (pubblic. in Proc.Royal Soc Biological Sciences, 2008) hanno analizzato il genoma di 9 specie di Uccelli (Cinciarella, Germano reale, Gallo, Cacatua rosa, Coucal nero, Kiwi, Canarino selvatico, Kakapo e Petrello delle nevi) alla ricerca di geni olfattori funzionali.
Il numero di geni olfattori è risultato molto variabile, da 107 a 667, in relazione anche alle dimensioni del bulbo olfattorio nelle varie specie esaminate. Per comparazione, tra i mammiferi, i geni olfattori variano dai 606 di un macaco ai 2129 della mucca.
Nel corso della filogenesi, il numero di geni olfattori è andato incontro a cambiamenti anche negli Uccelli, in quanto un dato emerso è che le due specie notturne come il Kakapo e il Kiwi presentano più geni olfattori di specie diurne e più geni del Petrello delle nevi che ha il bulbo olfattorio più grande in assoluto tra le specie analizzate, portando a credere che le caratteristiche del genoma si siano modificate in base all´habitat e alle preferenze ecologiche.
In sintesi, i risultati suggeriscono che l´olfatto negli Uccelli risulta essere un senso più importante di quanto generalmente si creda.
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